ORDET HOMELAND preview: 9 luglio 2019, h. 18 – 21 10 luglio – 14 settembre 2019.

In uno Stato di sorveglianza, il governo esercita una vigilanza diffusa dei propri cittadini e visitatori, per identificare problemi, scongiurare potenziali minacce, amministrare ed erogare servizi sociali.

Nel mondo, la produzione annuale di dati cresce del 61% all’anno, e si stima che l’ammontare complessivo raggiunga 175 zettabytes (o 175 mila miliardi di gigabytes) nel 2025, oltre il quintuplo dei dati prodotti nel 2018.
Entro il 2025, il 75% della popolazione sarà connessa, creando e interagendo con questi dati. (1)

Trent’anni fa, al crollo del muro di Berlino, esistevano al mondo 15 barriere di confine. Oggi sono 70, e altre sette sono pianificate o in costruzione. (2)

Ordet presenta HOMELAND, una mostra che prende avvio da Berlin Lights (1994) di Hermann Pitz (Oldenburg, Germania, 1956): un’installazione ready-made composta da sette luci originali e funzionanti parte del muro di Berlino, proveniente dalla Collezione La Gaia.

Il progetto riflette sull’impatto – fisico, retorico e ideologico – dei confini, e sulla crescente onnipresenza e sofisticazione dei sistemi messi in atto per rilevare, vigilare e controllare il movimento di persone, beni, e informazioni.

Un programma di video proiezioni selezionate dal development committee di Ordet, artisti e curatori accompagnerà l’installazione: confini, sorveglianza, tecnologia, informazione e data mining sono alcuni dei temi esplorati dai film e video, insieme alle implicazioni politiche, sociali e personali di tali infrastrutture.

Il programma include lavori di Chantal Akerman, Yuri Ancarani, James Bridle, Simon Denny, Mohammad Eltayyeb, Harun Farocki, Michael Klier, Lydia Ourahmane, Jon Rafman, Hito Steyerl, Surveillance Camera Players, James T. Hong, Amalia Ulman, Xu Zhen, Andrea Zittel. Il calendario delle proiezioni sarà disponibile sul sito.

HOMELAND presenta anche un display a cura del CCA – Canadian Centre for Architecture. “We all saw this coming” suggerisce un’esplorazione di indagini seminali sullo sviluppo delle tecnologie di controllo urbane, accostando gli studi dell’architetto Cedric Price (1971) sulle telecamere di sicurezza da collocare nei cantieri a una serie di mappe di New York prodotte dal collettivo Surveillance Camera Players alla fine degli anni Novanta, incluse nella mostra Actions – What you can do with the city (2008). New York – e in particolare Times Square – è stata uno dei primi luoghi pubblici al mondo ad aver adottato un uso massiccio delle videocamere di sorveglianza per ridurre i livelli di criminalità.