Carla Maria Maggi, l’artista ritrovata, dal 30 maggio a Villa Borromeo d’Adda ad Arcore solo su prenotazione.

Villa Borromeo d’Adda è lieta di annunciare l’apertura della mostra Carla Maria Maggi, l’artista ritrovata, a cura di Simona Bartolena.

Dedicata alla figura di questa straordinaria pittrice attiva negli anni Trenta del Novecento, l’esposizione presenta al pubblico il corpus pressoché completo delle opere dell’artista, cui si aggiunge un dipinto inedito scoperto di recente in una collezione privata. Si tratta di circa quaranta opere, tutte di altissimo livello: ritratti, nature morte e – cosa ben rara per una donna artista – nudi femminili dal vero.

L’esposizione, che doveva aprire lo scorso marzo, poi rinviata per effetto del decreto di contenimento dell’emergenza Covid-19, si potrà visitare solo su prenotazione dal 30 maggio al 26 luglio 2020 osservando i seguenti orari: sabato e domenica, dalle 14.30 alle 17.30 (ultimo ingresso).

È prevista un’apertura straordinaria martedì 2 giugno sempre dalle 14.30 alle 17.30.

Per le visite è necessario prenotarsi on line (dal 22 maggio): www.villeaperte.info/

L’accesso sarà consentito a un massimo di dieci persone per volta per garantire il rispetto delle norme di distanziamento e di sicurezza.

 

L’ARTISTA

A dodici anni dalla mostra a Palazzo Reale di Milano curata da Elena Pontiggia con un contributo della stessa Simona Bartolena, in cui fu esposta per la prima volta l’opera della pittrice – al tempo messa in relazione con i ritrattisti della sua epoca – l’opera di Carla Maria Maggi torna a essere presentata in un evento d’eccezione volto a riscoprire la sua figura d’artista e riflettere sulla condizione femminile nelle arti fino a tempi molto recenti.

Carla Maria Maggi (1913-2004) era figlia della buona società milanese degli anni Trenta. Allieva di Palanti, ottenne fin da subito successi pubblici e privati con i suoi dipinti, e nonostante le sue opere rivelassero già un talento promettente, dopo il matrimonio fu costretta ad abbandonare la strada dell’arte. Come molte altre artiste del suo tempo, Carla Maria Maggi accettò, suo malgrado, di aderire ai canoni del benpensantismo borghese del suo tempo e di seguire le regole sociali alle quali il marito, in particolare, le chiedeva di sottomettersi. Mise da parte il proprio talento e vestì i panni della moglie e madre perfetta. Ma prima di dimenticare il suo essere artista, la Maggi ebbe occasione di realizzare una serie straordinaria di opere che raccontano con grande talento e raffinata sensibilità il mondo che lei frequentava e rappresentava: da una parte il bel mondo dell’alta borghesia milanese, divisa tra la città e i luoghi di villeggiatura, dall’altra la bohème degli ambienti di Brera e della Scala, liberi e pieni di stimoli per chi, come lei, voleva vivere nell’arte. Solo negli ultimi anni le opere della Maggi vennero per caso riscoperte dal figlio Vittorio, nascoste sotto una spessa coltre di coperte nel solaio della casa di campagna. Sensibile all’arte, il figlio volle fare luce sul passato della madre. Da allora si sono interessati all’opera della Maggi storici e critici d’arte come Rossana Bossaglia, Vittorio Sgarbi, Elena Pontiggia.

Le opere della Maggi sono state esposte a Milano, a Londra e, con straordinario successo al National Museum of Women in the Arts di Washington (dove La Sigaretta, capolavoro della pittrice è stata in prestito temporaneo per qualche anno) e sono diventate motivo di riflessione e di studio della condizione delle donne artiste fino a tempi molto recenti ma anche ragione di riscoperta della poco nota, ma interessantissima, pittura borghese della Milano degli anni Trenta. La sua arte è espressione di un momento storico complesso e variegato, ancora in buona parte da riscoprire, e ci illumina sulla sensibilità e intelligenza di una donna e di un’artista non comune.

 

ITALIAN COMMITTEE | NATIONAL MUSEUM OF WOMEN IN THE ARTS, Washington

La fondatrice del National Museum of Women in the Arts | NMWA, Wilhelmina Cole Holladay iniziò a collezionare arte insieme al marito Wallace F. Holladay negli anni ’60, quando storici dell’arte e ricercatori cominciavano a discutere la significativa minor presenza di donne artiste nei musei e nelle collezioni. Tra i primi ad applicare un simile approccio revisionista, per più di 20 anni si dedicarono a raccogliere arte delle donne, creando un museo che le rappresentasse in una collezione permanente, che è tutt’oggi il cuore del Museo di Washington DC. Con più di tremila opere realizzate dal Rinascimento a oggi, il NMWA è uno dei principali interlocutori privati nel circuito artistico americano e internazionale, unica istituzione al mondo dedicata al riconoscimento dell’opera delle artiste di ogni epoca e nazionalità attraverso l’esposizione, la conservazione, l’acquisizione dell’arte femminile, e che promuove al contempo la ricerca e la didattica in campo artistico. I comitati nazionali e internazionali del NMWA sono organizzazioni di volontariato che supportano gli obiettivi del NMWA nei loro rispettivi paesi, e permettono al NMWA di essere un’istituzione davvero globale. L’Associazione italiana Amici del National Museum of Women in the Arts è stata costituita a Milano nel 2004, grazie all’impegno del fondatore e primo presidente Vittorio Mosca, con lo scopo di sostenere la mission del NMWA sul territorio italiano: valorizzazione e promozione della creatività femminile, supporto formativo, comunicazione degli aspetti sinergici tra il National Museum of Women in the Arts e la realtà museale italiana.

Negli intenti dell’Associazione figurano iniziative di ricerca che mettano in luce i talenti femminili nell’ambito del patrimonio artistico, sia storico che contemporaneo, attraverso l’organizzazione di incontri d’arte, visite guidate a mostre ed esposizioni, conferenze, conversazioni con artiste, storici dell’arte e rappresentanti del mondo dello spettacolo e dell’editoria, ma anche serate conviviali all’insegna della creatività femminile.

Per promuovere e sostenere la formazione femminile nelle arti e nei mestieri d’arte, vi sono progetti di sostegno per le artiste, oltre alla comunicazione, tutela e conservazione della loro opera.

 

VILLA BORROMEO D’ADDA

Per secoli la famiglia d’Adda ha legato il proprio nome ad Arcore, attraverso le vicende dei Conti di Sale e dei Marchesi di Pandino. Documenti catastali, risalenti al 1558, indicano Pagano II e Costanzo d’Adda quali intestatari di beni ed estese proprietà terriere ad Arcore. Due secoli più tardi i beni di Arcore giunsero, per via ereditaria, a Francesco IV (1726-1779), sesto conte di Sale, primogenito dei tre figli maschi di Costanzo IV; i fratelli Ferdinando e Lorenzo erano stati indirizzati il primo alla vita ecclesiastica, diventando abate, mentre il secondo alla carriera militare. Nel 1757, con una convenzione tra Ferdinando e il fratello Francesco, l’abate ottenne in uso vitalizio la parte alta della proprietà di Arcore, il luogo detto la “Montagnola” con l’autorizzazione ad apportare cambiamenti e migliorie, ma con il vincolo di restituzione alla linea ereditaria in quanto legata a fedecommesso. L’abate Ferdinando realizzò così una dimora sul colle e lì visse per quasi cinquant’anni, fino alla morte avvenuta il 24 agosto 1808. Con la morte di Maria, figlia di Francesco, si estinse la linea primogenita dei d’Adda di Sale e l’abate Ferdinando, secondogenito ancora in vita, poté reclamare i beni legati ai fedecommessi costituiti nel corso dei secoli. Parte dell’eredità di Maria venne dunque ripartita tra diversi membri della casata e a Febo d’Adda, marchese di Pandino, venne assegnato il seicentesco palazzo di Arcore, situato nella parte bassa della proprietà, oggi sede degli uffici comunali. Alla morte dell’abate Ferdinando, Febo, esercitando il suo diritto di prelazione, acquistò la Montagnola riunificando le due proprietà d’Adda. Nel 1836 le proprietà di Arcore furono ereditate da Giovanni d’Adda (1808-1859), che apportò una prima trasformazione alla residenza arcorese, incaricando dei lavori l’architetto Giuseppe Balzaretto (1801-1874). Il Balzaretto, dall’inizio degli anni ’40, operò sui giardini, disegnando «un ameno paesaggio, che correndo svariato e grandioso su tutti i versanti del colle da lui rimaneggiato, circondò il maestoso palazzo posto sulla vetta» e sugli edifici, sia sulla villa seicentesca situata nella parte bassa, sia sulla Montagnola. Della prima, rinunciando al seicentesco impianto a “U”, venne abbattuta la parte centrale e realizzata una cancellata in ferro battuto, conservando le eleganti ali laterali, destinate ad ambienti di servizio. Nell’ala di destra venne ricavata la portineria, mentre in quella di sinistra, in seguito alla morte di Maria Isimbardi, giovane moglie di Giovanni, trovò collocazione la cappella funeraria, opera del Balzaretto e magistralmente decorata dai fratelli Lorenzo e Vincenzo Vela. Sulla Montagnola il Balzaretto intervenne modificando l’ingresso affacciato sul paese, inserendo un loggiato coperto, e chiudendo con ampie vetrate il portico a tre campate sul prospetto rivolto a nord. A partire dagli anni ’80 fu Emanuele d’Adda, figlio di Giovanni, ad apportare nuovi interventi alla villa, affidando i lavori all’architetto Emilio Alemagna (1833-1910), allievo e collaboratore del Balzaretto. L’Alemagna modificò il loggiato coperto rea-lizzato dal Balzaretto, ricostruì i corpi laterali alzandoli di un piano, inserì un grande salone ellittico a piano terra e lo scalone d’onore. Lo stile neobarocchetto, riconoscibile nelle decorazioni con i ferri battuti, nelle balaustre in pietra e nelle modanature a conchiglia che ornano le finestre, caratterizzano l’opera dell’Alemagna, sia sui prospetti sia sull’ampio parterre all’italiana, esposto a nord. La villa raggiunse dunque l’attuale conformazione, disposta su cinque livelli, interrato, rialzato, primo ammezzato, primo piano, secondo ammezzato, per una superficie totale di mq. 2389, suddivisa in 113 ambienti. Alla morte di Emanuele, nel 1911, non avendo eredi, le proprietà e i titoli nobiliari passarono a Febo Borromeo, figlio della cugina Costanza maritata a Carlo Borromeo, che nel 1913 ottenne di aggiungere d’Adda al proprio cognome. Nel 1980 le proprietà della famiglia Borromeo d’Adda, ad eccezione della Cappella Vela, vennero acquistate dal Comune di Arcore. Nel 2016 sono stati avviati i lavori di restauro della Villa, che si concludono ora con la sua riapertura al pubblico.

 

 

INFO MOSTRA

 

Carla Maria Maggi

L’artista ritrovata

 

a cura di Simona Bartolena

 

Villa Borromeo d’Adda

Largo Vincenzo Vela 1 Arcore, MB

 

30 maggio-26 luglio 2020

 

orari di apertura mostra

sabato e domenica, dalle 14.30 alle 17.30 (ultimo ingresso)

 

apertura straordinaria

martedì 2 giugno, dalle 14.30 alle 17.30 (ultimo ingresso)

 

Per visitare la mostra è necessario prenotarsi al link www.villeaperte.info/ sezione ‘EVENTI’

Sarà consentito l’accesso alle sale espositive a un massimo di dieci persone per volta

 

Ingresso

intero € 7,00

 

Per informazioni

info@associazioneheart.it