Sostenibilità e aziende.

a cura della D.ssa Patrizia Ottino, Consigliere dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano

Si fa un gran parlare di sostenibilità. Ormai è un termine utilizzato in ogni contesto della vita quotidiana; potremmo dire che è inflazionato.

Certamente il primo pensiero che si associa alla parola “sostenibilita” è legato all’ambiente ed al sociale, ma ora vorrei porre l’attenzione alla sostenibilità dalla parte delle aziende. La nuova Direttiva UE 2022/2464 del 14 dicembre 2022, che integra e modifica le precedenti emanate sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), ha reso obbligatoria la redazione e la pubblicazione della DNF – dichiarazione non finanziaria – per gli Enti di interesse pubblico, banche, assicurazioni e aziende quotate con importanti volumi di fatturato.

In particolare questa Direttiva UE avrà un’applicazione progressiva dal 2024 al 2028, rivolgendo l’obbligo della DNF ad aziende con requisiti reddittuali/patrimoniali man mano piu’ contenuti, sino ad arrivare alle PMI quotate. Sono molte le PMI non quotate e le microimprese, che pur non essendo obbligate dalla legge, scelgono comunque di redigere la dichiarazione non finanziaria volontaria, o altri report ESG, anche per migliorare la trasparenza del proprio operato nei confronti dei loro soci e clienti. ESG è l’acronimo delle parole Environmental, Social e Governance e si riferisce ai tre fattori chiave per misurare la sostenibilità e l’impatto etico di un investimento in un’azienda, in considerazione dell’Ambiente, del Sociale e del buon Governo aziendale.

E’ un differente metodo di valutazione delle imprese e di fare impresa. La rilevanza della gestione delle tematiche di sostenibilità comporta, innanzi tutto, una governance della sostenibilità, che coinvolge sia i vertici aziendali che gli stakeholders, cioè tutti coloro che direttamente o indirettamente sono coinvolti nell’attività di una’azienda, quali dipendenti, fornitori, clienti, soci, banche. Sia gli investitori che le banche sono attenti alle informazioni di carattere non finanziario. Inoltre è rilevante il peso della DNF nell’ottica di una compliance aziendale rispetto agli obblighi previsti dalla Legge 231/01, per la definizione del modello di organizzazione, gestione e controllo e rischi, all’obbligo di un adeguato assetto societario, ex art. 2086 c.c. e agli indicatori di allerta secondo il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Di conseguenza, sembrerebbe che la rendicontazione non finanziaria su base volontaria si renda necessaria per rispettare altri vincoli normativi riferibili a tutte le imprese, e quindi anche ai soggetti che non sono coinvolti nell’obbligo normativo della Direttiva UE.

La Direttiva UE ha stabilito le regole circa le informazioni non finanziarie e la loro divulgazione, e precisamente queste fotografano la strategia messa in campo dall’azienda, spiegando in modo dettagliato le politiche adottate sull’impatto circa la sicurezza e la salute pubblica e dei propri dipendenti, l’ambiente, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione. Nel preparare la DNF, le imprese possono basarsi su criteri standard nazionali o internazionali. Gli indicatori di performance più utilizzati sono gli standard formulati dalla Global Reporting Initiative (GRI), un Ente internazionale senza scopo di lucro istituito proprio per definire gli standard di rendicontazione della performance di qualunque organizzazione.

Grazie alla DNF, le aziende possono rendicontare e comunicare periodicamente con obiettività e coerenza, quali azioni, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, hanno messo in atto a tutto beneficio della propria reputazione. Per dare una comunicazione efficace e credibile del proprio impegno. Quindi la DNF non deve essere vista come un ulteriore onere a carico dell’azienda, ma come un’opportunità. Strategicamente si potrà, attraverso una serie di accorgimenti, ridurre i consumi, quali acqua ed energia elettrica, e quindi i costi, si potrà con politiche adeguate avere collaboratori motivati, che credono nella continuità aziendale e quindi sulla sua sostenibilità economica, con conseguente garanzia reddittuale per loro stessi, per le loro famiglie e per il territorio circostante. Quindi la rendicontazione non finanziaria va vista anche come uno strumento di marketing e di comunicazione particolarmente efficace, che contribuisce al miglioramento dell’immagine aziendale e reputazionale.

Data la ormai diffusa sensibilità dei consumatori finali verso le tematiche della sostenibilità, le aziende che rendicontano circa i temi ESG sono apprezzate anche dagli utenti finali. A molte PMI potrà essere richiesta una DNF, non solo da banche finanziatrici, ma anche da fornitori e clienti, grandi gruppi, che sono soggetti all’obbligo della DNF e che comunque vogliono tutelarsi dai rischi che l’intera filiera produttiva potrebbe a loro comportare. Per tale motivo, o per la possibilità di accedere a finanziamenti agevolati, o alla riduzione di oneri contributivi o di attrarre investimenti, farà si che, sempre piu piccole aziende, anche se non obbligate, si adegueranno a fornire dati relativi al loro impegno in termini di sostenibilità aziendale.

E ciò attraverso la redazione dei cosiddetti bilanci sociali, o meglio dei bilanci integrati, che “integrano” il solito bilancio economico finanziario proprio con quello sociale, della DNF, volto al conseguimento di obiettivi di miglioramento ambientale, sociale e di buon governo aziendale.