Il moltiplicatore Keynesiano può contribuire al rilancio della economia italiana.

a cura di Alfonso Angrisani esperto di relazioni  sindacali  

L’Italia sta vivendo una situazione economica disastrosa, in queste ore agitate per le sorti del paese, aziende, lavoratori, governo, parti sociali, enti locali ed altre istituzioni,  stanno vivendo ore di affanno cercando di trovare la soluzione giusta per far ripartire il paese.

Le notizie si rincorrono, in queste ore mettendo nello sconforto generale un numero crescente di famiglie e di piccole e medie imprese italiane.

Proprio in queste ore è tornato  nuovamente il dibattito che ha già caratterizzato altre crisi economiche che colpirono l’Italia  ( basti pensare alle crisi economica del 2008 che ha affossato l’economia di interi paesi ).

Da una parte abbiamo i fautori  del neoliberismo seguaci della scuola di Milton Friedman, Jacques Rueff, Friedrich von Hayek, José Piñera coloro che auspicano un sistema economico fondato sull’autonomia del mercato, i quali  ritengono che l’intervento dello stato nell’economia risulta tardivo ed inefficace.

Dall’altra parte abbiamo coloro che si trovano in sintonia con le idee di Joseph Eugene Stiglitz, John Taylor, Nouriel Roubini, denominati neokeynesiani, i quali partendo dal pensiero economico  di John Maynard Keynes(1883-1946), nel corso degli anni hanno cercato di apportare nuove idee, dando un maggiore vigore al pensiero economico dell’economista britannico ( favorevoli all’intervento dello stato nell’economia).

Nel presente articolo si cerca di dare informazioni generali al lettore che in molti casi risulta digiuno di teorie economiche,senza entrare nel tecnicismo, mantenendoci con un linguaggio semplice, per il momento  vogliamo mettere da parte il ruolo della Bce, gli obblighi scaturiti con il patto di stabilità, il Mes, che sono argomenti di natura complessa che possono sviare l’attenzione  del lettore ed alterare il discorso.

Si intende portare l’attenzione di tutti  il  moltiplicatore Keynesiano ( è uno strumento di analisi economica) che assieme alla preferenza per la liquidità, ed alla legge della domanda effettiva rappresenta un pilastro della scuola di pensiero keynesiana , questa  tradizione economica  ha influenzato le scelte politiche economiche di molti paesi occidentali dopo il secondo conflitto mondiale bellico (negli USA già subito dopo la crisi finanziaria del 1929 con il “new deal” di Theodore Roosevelt, ndr).

Entrando nel cuore dell’articolo cercando di sintetizzare al massimo  La teoria di Keynes, possiamo dire che essa   poggia  le sue basi sull’osservazione che un intervento da parte dello stato nell’economia di un paese con l’immissione  di denaro in un determinato lasso di tempo  genera effetti di crescita, incrementando maggiori consumi, maggiore lavoro e Crescita del Pil.

Facendo un esempio di natura pratica, Lo  stato immette  1000  nell’economia per investire in una serie di opere pubbliche,  questa cifra finanzierà le imprese che a loro volta produrranno  valore aggiunto, realizzando beni e servizi, creando posti si lavoro soddisfacendo le pretese di tante famiglie, le quali  a loro volta incrementando consumi, tutti questi passaggi nati dall’intervento statale porteranno in un periodo di tempo in un incremento  del  valore del Prodotto Interno Lordo.

Il moltiplicatore Kenesyano  misura  la percentuale di incremento del reddito nazionale in rapporto all’incremento di una o più variabili macroeconomiche componenti la domanda aggregata: consumi, investimenti e spesa pubblica.

 

Non si tratta di un sistema infallibile, alcuni studiosi  hanno evidenziato alcuni limiti  :

  • si suppone che gli investimenti siano fissi ed esogeni;
  • si ignora l’impatto di moneta, credito e tassi di interesse;
  • prezzi e salari sono considerati fissi;
  • l’offerta aggregata viene esclusa;
  • la teoria del Keynes si riferiva ad un’economia chiusa.

 

Purtroppo il coronavirus oltre a causare tante vittime, ha determinato il tracollo dell’economia mondiale,  in questo contesto storico, una rivisitazione del moltiplicatore keynesiano  con i dovuti accorgimenti,  nell’ottica di una politica comune europea, e guardando le esigenze  dei vari settori produttivi, potrebbe rappresentare un punto di partenza per il rilancio di una nuova fase economica.