Donne nei CdA solo grazie alle quote rosa.

Uno studio condotto dall’associazione internazionale degli head hunter Alliance Partnership International rivela che la presenza di donne con nei consigli di amministrazione (Cda) delle aziende rimane ancora limitata in tutto il mondo, in quanto direttamente collegata alla presenza di norme ad hoc.

“La questione appare evidente analizzando la presenza della donne nei diversi ruoli aziendali”, spiega Ilaria Galmozzi, di Villa & Partners Executive Search. “A livello internazionale, le donne occupano il 38,9% delle posizioni manageriali, mentre nei Cda le donne sono appena il 10,9%. Se prendiamo le 250 aziende quotate alla Borsa di Londra presenti nell’indice Ftse 250, per esempio, vediamo che nell’ultimo anno la presenza di donne è passata dal 23,7 al 27,3% ma la quota di componenti di Cda è soltanto l’8,4%”.

La ricerca, che si basa sui dati raccolti in dieci anni da cinque società di Executive Search che operano in 13 paesi, riporta diversi esempi.

In Olanda, il governo ha suggerito ad alcune grandi imprese di darsi l’obiettivo di arrivare al 30% di donne in posizioni apicali: in media si è giunti ad appena il 12,5% e metà delle aziende coinvolte ha semplicemente ignorato la cosa. Da qui è nata la necessità di definire per legge l’inserimento delle donne nei consigli di amministrazione.

In Francia, la legge Copé-Zimmermann ha imposto che, a partire dal 1° gennaio 2017, le maggiori aziende avessero almeno il 40% di consiglieri donna e i risultati non si sono fatti attendere: nel 2018, la presenza femminile nei consigli di amministrazione e di supervisione delle aziende dell’indice Cac 40 arrivava al 42,3%. Tuttavia il 100% degli Amministratori Delegati del Cac 40 è un uomo.

Per quanto riguarda l’Italia, nel 2020 scadrà l’obbligo delle quote rosa nei Cda introdotto dalla legge Golfo-Mosca del 2011. I livelli raggiunti ad oggi, con il 33,5% di donne nei Cda delle società quotate e il 40,2% nei collegi sindacali, dovrebbero essere mantenuti grazie al fatto che i contenuti della norma sono stati fatti propri dal Codice di autodisciplina delle società quotate.

“Nonostante questi significativi progressi”, commenta Ilaria Galmozzi, “non si vede ancora un fenomeno diffuso, sono ancora poche le manager che arrivano al ruolo di amministratore delegato e la presenza femminile nei Cda non è seguita da significativi avanzamenti di carriera delle altre professioniste in azienda”.