Bankitalia, cresce il divario tra Nord e Sud.

MILANO 05/06/2019 - VIA SAN VITTORE MUSEO DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA - PRESENTAZIONE RIVISTA CIVILTA DELLE MACCHINE- FOTO ACANFORA NEWPRESS - IN FOTO ACHILLE COLOMBO CLERICI

di Achille Colombo Clerici

La crescita debole dell’economia nazionale trova l’ennesima, anche se autorevole, conferma nel rapporto di Banca d’Italia presentato nella sede milanese dell’Istituto. Il nostro Pil prosegue la diversificazione, in negativo, rispetto alla media europea; ma anche all’interno del Paese la diversificazione si accresce, con il Mezzogiorno che va allontanandosi.

Qui rimane ampio il ritardo rispetto al resto del Paese. Con riferimento al 2018, il PIL risulta ancora di circa 10 punti percentuali inferiore a quello del 2007, mentre lo è ‘solo’ di circa 3 punti nel Centro Nord. Anche in termini di prodotto pro capite il ritardo rispetto al 2007 è maggiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord (rispettivamente di 10 e 7 punti percentuali). L’impiego di lavoro ha sostanzialmente ristagnato nel Mezzogiorno.

Persino le regioni-traino del Centro Nord si sono sviluppate meno della media europea, anche se si registrano dati interessanti quali l’aumento delle compravendite di abitazioni, del turismo, del risparmio delle famiglie, degli stessi investimenti, che però restano lontani dai livelli precrisi. Ma il tutto in misura inferiore a quella dei Paesi competitors.

Al centro dell’ attenzione degli analisti permane il nuovo allargamento della forbice Nord-Sud. E non appare loro di buon auspicio, per la riduzione delle disuguaglianze, l’ autonomia differenziata auspicata da alcune regioni ricche.

Va considerato tuttavia che l’aumento delle disuguaglianze tra le regioni, a seconda dei differenti dinamismi economici, non puo’ essere in alcun modo addotto a ragione per giustificare un qualsivoglia regresso nel processo di riconoscimento dell’ autonomia economica regionale.

Se esso serve a potenziare la capacita’ di traino delle regioni piu’ ricche nei confronti delle meno dotate, l’importante e’ che queste ultime di conseguenza progrediscano. Frenare il dinamismo economico delle prime non giova a nessuno: ne’ alle regioni piu’ ricche, ne’ tanto meno alle regioni che lo sono meno.

Insomma, il livellamento verso il basso in nome della riduzione delle diseguaglianze, non puo’ essere la via da perseguire, perche’ porta soltanto alla dilatazione delle diseguaglianze stesse.

Progredire tutti, pur nella disuguaglianza, e’ meglio che arretrare nell’uguaglianza.