Definitely not bad for Bad Religion: la band più influente del punk-rock californiano torna a Milano e fa faville!

Un vero successo ieri per Vertigo, l’organizzatore di eventi che ha portato sul palco dell’Alcatraz la prima band melodic punk del mondo: i Bad Religion ed il loro 40 years + 2 anniversary tour.

Annunciato nel 2020 all’indomani dell’uscita della biografia “Do what you want”, lo show avrebbe dovuto celebrare il quarantesimo anniversario dattività della band, fondata nel lontano 1980 a Los Angeles, California. Da allora, con il loro stile dissacrante e i loro testi a base di religione, politica, società e scienza, i Bad Religion hanno dato nuova linfa e allargato a dismisura il bacino di pubblico del punk rock, ispirando di lì a poco formazioni a loro volta passate alla storia come NoFx, Offspring, Pennywise, Green Day e moltissime altre; potevano forse lasciarsi fermare dalla pandemia COVID? Certo che no, ed eccoli quindi aggiungere candidamente un +2 e lanciarsi in un tour mondiale.

Inutile dire che dell’Alcatraz ieri era gremito e, anche se qualcuno potrebbe insinuare con malizia che ci fossero più piazze che creste, l’energia era alle stelle.

Merito anche dei The Rumjacks, la band australiana che con le sue vibrazioni punk rock e celtic folk aveva il compito di riscaldare le scene. Missione che ha portato a termine alla perfezione, mescolando ai brani più acclamati le canzoni del nuovo EP Brass for Gold e incendiando gli animi con un suono ruvido e diretto. Immancabile “An Irish Pub Song”, ma anche “A Fistful O’ Roses” e “Hestia”.

 

Una menzione particolare al nuovo cantante, Mike Rivkees che non ha fatto rimpiangere nemmeno per un secondo l’antica formazione e ha trasmesso nuova energia alla band e al suo pubblico. D’altra parte, che i Rumjacks abbiano un legame speciale con la città meneghina è innegabile, dato il lungo tempo speso tra pub e bar milanesi durante le registrazioni e la provenienza del batterista, Pietro Della Sala, nonchè del manager, Gianluca Amendolara.

 

Affetto più che ripagato ieri dalle ovazioni del pubblico, che dopo aver cantato a squarciagola e pogato con entusiasmo sulle note delle loro canzoni ha salutato con grande calore e commozione l’uscita di scena della band.

 

Niente a che vedere però con il vero boato che dopo pochi istanti ha accolto l’ingresso trionfale ed energico della formazione californiana. D’impatto l’abbigliamento di Mike Dimkich, inconfondibile in una giacca gialla leopardata di cuoricini neri e giubbotto di pelle accanto al bassista Jay Bentley, rigorosamente vestito in bianco ottico.

 

I Bad Religion hanno passato i cinquanta, hanno i capelli stempiati, gli occhiali e, ammettiamolo, qualcuno pure un pochino di pancia. Eppure, non hanno nessuna intenzione di smettere di dare lezioni di melodic hardcore, in un costante e perfetto equilibrio fra irruenza e melodia che caratterizzerà tutto il loro concerto, un’ora e trenta di pura energia.

 

Il segreto di una tale riuscita è banale quanto assolutamente non scontato, e ha un nome: Greg Graffin. La sua voce sembra quella di quarant’anni fa, appena un po’ più graffiante e levigata. Si deve ricredere chi pensava che questo fosse un miracolo della postproduzione:  il 57enne è semplicemente in forma strepitosa.

A suo agio tanto nelle parti muscolari quanto nei momenti melodici, il cantante fa la differenza, sostenuto da cinque musicisti rodatissimi che suonano le loro partiture elementari con una mano e un savoir-faire eccezionali.

 

È in questo frangente che emergono i benefici dell’età. Non nella musica di per sé, ma nella maniera di suonarla assieme: decenni di mestiere che filtrano fra le maglie di un suono semplice ma compattissimo. Nei generi come il blues o il jazz d’altronde, mai si direbbe di un musicista che è troppo vecchio. L’età diventa anzi sinonimo di saggezza e abilità. Il rock, e il punk ancor di più, restano al contrario legati al mito della gioventù ribelle da cui traggono origine. Ma si tratta in fondo di un cliché, e artisti come i Bad Religion sono qui a ricordarcelo.

 

A dire il vero i Bad Religion sono sempre stati una punk band matura, a partire dai testi e dagli arrangiamenti, ma ora che sono tutti cinquantenni o giù di lì, quella che prima era una piacevole distonia diventa un bagaglio piuttosto ingombrante e per maneggiarlo senza conseguenze i nostri hanno rispolverato una rabbia e un’energia di tutto rispetto.

 

Non un’incertezza, non una pausa, per una band che celebra i suoi quarant’anni (+2) di attività. Non c’è che dire, con sedici album in studio al loro attivo e milioni di copie vendute, i Bad Religion si dimostrano ancora una volta una delle band più spettacolari della storia del punk rock.

 

 

Miss Stormy Valentine

 

Scaletta concerto

 

Recipe for Hate
New Dark Ages
Do What You Want
F*ck You
Los Angeles Is Burning
Epiphany
Come Join Us
End of History
Stranger Than Fiction
Struck a Nerve
We’re Only Gonna Die
Dept. of False Hope
Along the Way
Generator
Punk Rock Song
Infected
I Want to Conquer the World
21st Century (Digital Boy)
Sorrow
You
American Jesus

 

Foto dei The Rumjacks per gentile concessione di Antonio Invernizzi