Da domenica 24 ottobre al Museo d’arte di Mendrisio una grande retrospettiva dedicata al maestro tedesco A.R. Penck.

Penck è certamente tra i più importanti artisti tedeschi della seconda metà del Novecento, colui che, insieme ad altri pittori e compagni – Baselitz, Lüpertz, Polke, Richter, Immendorff e Kiefer – ha saputo esprimere le contraddizioni della Germania post-nazista e del conflitto Est-Ovest mediante un linguaggio originalissimo seppur concepito nelle forme espressive tradizionali, come pittura, disegno e scultura. 

 

La retrospettiva di Mendrisio curata da Simone Soldini, Ulf Jensen e Barbara Paltenghi Malacrida – comprensiva di oltre 40 dipinti di grande formato, 20 sculture in bronzo, cartone e feltro, oltre una cinquantina di opere su carta e libri d’artista – intende ripercorrere le principali tappe del suo percorso creativo.

 

Nato a Dresda, Penck per decenni è attivo nella Germania dell’Est con opere di chiara ispirazione socialista. Molto osteggiato, espone raramente nell’allora DDR. È soltanto dall’inizio degli anni Settanta che Penck riesce a partecipare a mostre in Svizzera, Paesi Bassi e Canada, riscuotendo ampi consensi. Nel 1972 espone a Documenta 5 di Kassel chiamato da Szeemann; all’inizio degli anni Ottanta è tra i protagonisti delle rassegne New Spirit in painting (Londra) e Zeitgeist (Berlino). 

 

Nel 1980, quando, dopo l’ennesimo contrasto con le autorità, emigra all’Ovest, A.R. Penck è ormai considerato uno dei protagonisti della scena pittorica mondiale e ha già suscitato grande interesse a New York. Basquiat e Haring lo ammirano per la sua vigorosa pittura monumentale, capace di delineare la complessità del mondo con la spontaneità e l’immediatezza di un graffitista.

Nel 1984 viene celebrato con una personale alla Biennale di Venezia; nel 1988 la Neue Nationalgalerie di Berlino lo consacra definitivamente con una grande retrospettiva. Le fondamenta della sua pittura monumentale risalgono alla fine degli anni Sessanta, con la nascita del progetto StandartCome una sorta di monumentale avatar, Standart simboleggia l’autocoscienza dell’artista, con cui Penck porta avanti il suo progetto solitario, in linea con le idee del Bauhaus: la trasformazione della società moderna secondo criteri estetici. 

 

Grazie alla sua celeberrima figura stilizzata, che lo porta a fama internazionale, Penck ha saputo trasformare il campo figurativo in un megafono attraverso il quale diffondere le proprie convinzioni teoriche ed estetiche. La sua pittura monumentale si riallaccia sia al genere storico, specchio degli eventi contemporanei, sia alla pittura simbolica, a cui dà voce attraverso un intero bestiario di figure totemiche o animali arcaici. Fino alla sua produzione della maturità, A.R. Penck persegue l’idea di un’immagine visionaria capace di rappresentare in un’unica prospettiva la coralità del mondo.

 

Penck figura inoltre tra i protagonisti della scultura dell’ultimo trentennio. Si occupa di scultura fin dalla giovinezza, e il suo primo gruppo plastico è costituito dai modelli realizzati con materiali poveri nell’ambito del progetto Standart; a metà degli anni Settanta realizza a colpi d’ascia sculture in legno. A partire dal 1984 si concentra sulla tecnica di fusione in bronzo, lavorando a diversi formati fino a giungere alla dimensione monumentale, con un percorso analogo a quello già seguito in pittura. Una sua grande opera in bronzo sarà collocata nel chiostro del Museo.

 

Con questo progetto il Museo d’arte di Mendrisio si pone l’obiettivo di presentare il percorso creativo di Penck – per la prima volta in ambito culturale italofono – attraverso le sue espressioni multiformi, cercando di fornire al pubblico gli strumenti per poter comprendere la struttura complessa e profonda di questo grande protagonista delirate contemporanea.

 

Una mostra importante e imperdibile.