U2: rock e umanità a Milano, tra esperienza e innocenza

Bono (L) and Adam Clayton of the Irish band U2 perform during the first of their four concerts at the Assago Forum in Milan, Italy, 11 October 2018. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

l filo che unisce innocenza e maturità si riavvolge nello show che gli U2 hanno portato a Milano, prima di quattro date sold out al Mediolanum Forum di Assago in programma ancora il 13, il 15 e il 16 ottobre. “Torniamo per finire quel che abbiamo cominciato tre anni fa, la storia di quattro ragazzi irlandesi che vengono in Italia negli anni ’80 per capire chi sono. Al termine ultimo dell’esperienza, con la saggezza, possiamo recuperare quell’innocenza degli inizi”, dice Bono, spiegando il concetto del tour Experience + Innocence, che capovolge la prospettiva del precedente Innocence + Experience. Le linee temporali si sovrappongono nel racconto, ma lo spazio è definito nettamente dal maxischermo bifronte che taglia per il lungo il palasport, una tela di quasi 30 metri e 20 tonnellate, dove reale e virtuale, silhouette e figure umane si confondono.
Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. entrano in scena proprio dall’interno del maxischermo quasi trasparente, sulle note di ‘The Blackout’. Questa passerella mobile è il palcoscenico ideale per l’istrionismo di Bono, che simula una preghiera in ‘Lights of Home’. Mentre la lancetta punta al 1980-81 con ‘I Will Follow’ e ‘Gloria’ e torna al 2000 con ‘Beautiful Day’, che fanno esplodere gli oltre 12mila presenti (dato degli organizzatori), le magniloquenze tecnologiche lasciano spazio alla pura ritualità del rock. Il teatro torna invece nel tuffo anni ’90 di ‘Achtung Baby’, periodo di tensione nel gruppo che Bono ricorda mentre introduce ‘Stay (Faraway, So Close!)’. L’esperienza è un cammino catartico di dannazione e salvezza, narra un fumetto animato nell’intermezzo tra primo e secondo atto. La stessa perdizione delle rockstar, come spiega Bono indossando un cilindro e un trucco da saltimbanco, introducendo il capitolo più glam e ed energico su ‘Elevation’, ‘Vertigo’ (con incursione di ‘The Jean Genie’ di David Bowie) e ‘Even Better Than The Real Thing’. Quindi, grazie a un filtro in tempo reale che gli deforma il volto, Bono riveste i panni di MacPhisto: “Ho saputo che Bono è andato a Bruxelles – dice l’alter-ego demoniaco – Che idea assurda l’Unione Europea, persone che parlano lingue diverse ma fanno di tutto per capirsi. Mi manca il mondo di una volta, diviso in due”.
Naturale, dopo la rarità live ‘Acrobat’, parlare di concordia: quella trovata dalla band e quella sociale, mentre dal momento acustico le note di ‘Summer of Love’ esplodono nell’inno filantropico ‘Pride (In The Name Of Love’). Sullo schermo passano immagini di rifugiati, manifestazioni neofasciste: dal prologo con il ‘Grande Dittatore’ all’iniziativa benefica femminista della fondazione One ‘Women of the world, take over’ (cantata in Italia da Emma Marrone), lo show non nasconde valenze politiche. Anzi, il finale è un crescendo di orgoglio europeo, quando sulla classica ‘New Year’s Day’ compare un monumentale vessillo stellato, che scende solo sulle note dell’Inno alla Gioia: “Sia benedetto il blu del cielo europeo che condividiamo e possano le sue stelle non cadere mai”, salmodia Bono. Si tratta dell’ultimo messaggio prima delle emozioni finali, tra i cori di ‘City Of Blinding Lights’ e quelli sovrastanti di ‘One’, che apre i bis e corona due ore di rock e umanità.