Crisi di impresa, meglio prevenire che curare.

Il principio ispiratore che governa tutta il Codice della Crisi di Impresa: “meglio prevenire che curare”. Il fallimento, come atto terminale della vita aziendale, così come è inteso oggi, non sarà più la condizione normale a cui spesso giungono le imprese decotte
In questa nuova formulazione acquisiscono rilevanza fondamentale gli strumenti di prevenzione della crisi (allerta interna ed esterna e procedimento di composizione assistita), un nuovo modello di Governance aziendale: (Obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari) e soprattutto negli art. 374 e seguenti le modifiche al Codice Civile.
La Riforma si ispira a quattro principi fondamentali:
  1. Il primo è il nuovo modello di governance aziendale da intendersi come un sistema integrato di principi e regole, procedure e strumenti di controllo interno per la prevenzione dei rischio e per la conservazione della continuità aziendale, che dovranno essere gradualizzati in base alle dimensioni dell’azienda (nuovo 2086 del codice civile, così come previsto dall’art. 374 – Assetti organizzativi dell’impresa).
  2. Il secondo principio, conseguenza diretta del primo, è l’introduzione di “Un sistema d’allerta interno”, ovvero l’introduzione di procedure diagnostiche, sistematiche e continuati-  ve, finalizzate a misurare il rischio economico-finanziario d’impresa a carico degli amministratori ma anche a carico degli organi di controllo societario (sindaci e revisori), che dovranno, ai sensi dell’art. 14 (Obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari) “verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile anda- mento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministra l’esistenza di fondati indizi della crisi”; In altri termini: i sindaci e revisori dovranno effettuare periodiche valutazioni del rischio d’insolvenza e di interruzione della continuità aziendale predisponendo una procedura sistematica di verifica ex post di anomalie rilevanti. Se i sindaci/ revisori determineranno, utilizzando una idonea procedura informatica, una situazione di rischio crescente dovranno allertare prima gli amministratori ed in caso di loro inerzia attivare l’ Organo di Composizione delle crisi “.
  3. Il terzo principio, conseguente alla fase diagnostica, è rappresentato dalla fase di pianificazione e risanamento economi- co-finanziario. Nelle imprese di minore dimensione, questa fase, può anche essere supportata dall’ Organismo di composizione della crisi d’impresa, il quale può, su istanza dello stesso debitore o su segnalazione, in caso di sua inerzia, degli organi societari di controllo, assisterlo nella fase di pianificazione e di negoziazione stragiudiziale con i creditori, banche e fisco.
  1. Infine il quarto Principio è rappresentato da tutti quegli Istituti che, se le misure preven- tive non hanno funzionato, dovranno essere attivati in via residuale: Accordi di esecuzione di piani attestati di risanamento, Accordi di ristrutturazione dei debiti dell’imprenditore, Concordato preventivo e solo per ultimo la Liquidazione.
Gli strumenti di allerta previsti dal “Codice della Crisi” sono i seguenti:
STRUMENTI DI ALLERTA INTERNA
L’art. 13 del “Codice della Crisi d’impresa” dispone la disciplina degli “Indicatori della Crisi”, in par- ticolare nel primo comma si fornisce un quadro generale di riferimento di questi indicatori intesi come: “squilibri” di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa. Tali indicatori (squilibri) sono rilevabili (misurabili) attraverso appositi indici. Gli indici devono dare evidenza della sostenibilità dei debiti, per i sei mesi successivi, e delle prospettive di “continuità aziendale” per l’esercizio in corso, quindi parliamo di strumenti di rilevazione di elevata sensibilità soprattutto sul breve termine. In poche righe il legislatore ha condensato concetti molto complessi, che per poter essere sviscerati in profondità richiederebbero fiumi d’inchiostro. In questo modesto con- tributo cercherò di fare un po’ di chiarezza.
Il concetto di “Equilibrio” (qui meglio declinato con il suo contrario: lo Squilibrio) evocato dal primo comma dell’art 13, presuppone la violazione di un “baricentro” che porta ad una destabilizzante insostenibilità destinata a produrre inevitabili e rovinose conseguenze per l’impresa, il legislatore si preoccupa di fornire un’opportuna metrica dello squilibrio, prevedendo l’introduzione di indici che, diversamente dagli indicatori, che possono avere anche una natura qualitativa, rientrano nel ristretto ambito di elementi quantitativi. Infatti, il concetto di equilibrio presuppone la comparazione di grandezze quantitative ottenibile tramite gli indici. In tal modo viene eliminato ogni riferimento ai profili ed alle valutazioni di carattere qualitativo.Questa scelta indubbia- mente riduttiva e pure difforme alle indicazioni previste nei principi contabili (OIC 9), nei principi di revisione (ISA 570) e nella migliore dottrina professionale (Quaderno SAF n.71 “Sistemi di allerta interna” Ordine Commercialisti di Milano) in cui si fa un costante riferimento ad elementi qualitativi, la finalità è probabilmente quella di eliminare rischi di ingerenze soggettive ed arbitrarie. Quindi, se tutto si riconduce ad un ambito numerico i rischi, presenti soprattutto nelle PMI, di perdere utili e rilevanti indicazioni delle quali- tà intangibili ed intrinseche, spesso veri punti di forza dell’impresa ma non misurabili tanto meno con gli strumenti contabili e con tutti i suoi derivati, è molto alto. Ma vi è di più, un’azienda non è solo complicata è soprattutto un “sistema complesso”, per cui gli indici, che altro non sono che rapporti statici tra grandezze contabili: economi- che, finanziarie o patrimoniali, rischiano di “misu- rare” l’impresa secondo una visione meccanicistica che non è in grado di rilevare le sottostanti reali complessità aziendali. Tuttavia gli strumenti messi a disposizione dal legislatore sono questi e su questi dobbiamo, sul piano pratico ed operativo, basare le nostre conclusioni, pero, restando ben consapevoli della intrinseca limitazione segnaletica contenuta negli indici. In un recente studio promosso da “Milano Finanza” effettuato su un campione dei bilanci 2017 di aziende che nel 2018 sono state sottoposte a procedure concorsuali è emerso che tale latente incapacità di individuare tempestivamente segnali di crisi e di continuità aziendale utilizzando gli indici, portava a non intercettare l’avvenuto default di ben il 17%. Ancor più complicato è il concetto di “continuità aziendale” che presuppone l’ attitudine “dinamica” dell’impresa a perseguire i propri scopi mantenendo inalterati gli equilibri economici e finanziari nel tempo. Ma in concreto quali saranno questi indici di allerta il cui superamento determinerà l’attivazione di tutte le misure indicate nella Riforma ? Gli indici che ad oggi sono in corso di formazione in seno al “Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti”, saranno formati specificamente per ciascun settore, tuttavia questi indicatori non saranno diversi da quelli già individuati da molto tempo dalla dottrina economica aziendale. Pertanto, da subito è necessario iniziare ad utilizzare questi strumenti, al fine di anticipare tutte le possibile conseguenze, consapevoli che non c’è molto tempo per porre in essere tutte le misure necessarie.
STRUMENTI DI ALLERTA ESTERNA
L’art. 15 del Codice della crisi di impresa e dell’in- solvenza prevede che l’Agenzia delle Entrate, l’INPS e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione comunichino al debitore (tramite PEC o in mancanza con raccomandata con avviso di ricevimento, inviata all’indirizzo risultante dall’Anagrafe tributaria) che la sua esposizione debitoria ha superato l’importo considerato rilevante secondo le indicazioni previste al comma 2 del medesimo articolo. La comunicazione contiene l’avvertenza che, se entro 90 giorni dalla ricezione dell’avviso il debitore non avrà estinto o altrimenti regolarizzato per intero il proprio debito con le modalità previste dalla legge o se, per l’Agenzia delle Entrate, non risulterà in regola con il pagamento rateale del debito previsto dall’art. 3-bis D.Lgs. 462/1997 o non avrà presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso a una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ne verrà fatta segnalazione all’OCRI, anche per la segnalazione agli organi di controllo della società.
L’avviso al debitore deve essere inviato, sia dall’Agenzia delle Entrate, che dall’INPS e dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, entro 60 giorni dalla data in cui l’esposizione debitoria supera le soglie di rilevanza fissate distintamente per tali creditori qualificati.
L’osservanza dell’obbligo di segnalazione è, per l’Agenzia delle Entrate e per l’INPS, condizione di efficacia del titolo di prelazione spettante sui crediti dei quali sono titolari e, per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, condizione per l’opponibilità del credito per spese e oneri di riscossione. La norma non chiarisce se l’adempimento tardivo degli obblighi di segnalazione sia condizione sufficiente per mantenere l’efficacia della prelazione e per l’opponibilità.
L’esposizione debitoria è considerata rilevante:
  • per l’INPS, quando il ritardo nel pagamento supera i 6 mesi e riguarda contributi previdenziali di ammontare superiore alla metà di quelli dovuti dal medesimo debitore nell’anno prece- dente e superiore alla soglia di € 50.000;
  • per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quando la somma dei crediti affidati per la ri- scossione dopo la data di entrata in vigore del Codice, autodichiarati o definitivamente accer- tati e scaduti da oltre 90 giorni, superi la soglia di € 500.000 per le imprese individuali; e la so- glia di € 1.000.000 per le imprese collettive.